Ieri sono stato a Roma, anche detta La Citta' Eterna, probabilmente per la sua disorganizzazione.
Mentre sono in coda alla stazione (un solo sportello aperto ovviamente) la coppia americana dietro di me, che quando si e' accodata vedeva romanticismo in ogni pietra, ora che da mezz'ora c'e' lo stesso passeggero allo sportello si esprime solo a Incredibile, indicibile, inaccettabile, incomprensibile, inimmaginabile e inammissibile, e devo dire che in questo sfoggia anche una certa ricchezza di linguaggio.
Quando l'uomo decide di partire all'avventura e cercare una soluzione alternativa, io mi giro e dico alla donna:
- Quando mi sono messo in coda avevo 12 anni.
E non e' per vantarmi, ma sta ancora ridendo.
Mentre aspetto, non posso non fare una foto al cartello degli orari di apertura della biglietteria. Lo so, faccio sempre la figura del saputello che si lamenta, ma in certi casi se le tirano proprio dietro, e' quasi come se mi venissero a cercare.
24 settembre 2014
NON CI RESTA CHE RIDERE
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Labels: coda, passeggeri, Roma, stazione, treni, trenitalia
07 settembre 2014
IL MISTERO DEL GELATO GIGANTE
Da un po' penso a una cosa che mi e' successa da piccolo, non
particolarmente significativa o interessante: e' solo un esempio di come a
volte le cose vanno dall'inizio alla fine per il verso sbagliato, e tutto
quello che puoi fare e' riderci su, 25 anni dopo.
Un giorno, nei miei primi anni di elementari, io e la mia classe andammo
in gita ai giardini pubblici e facemmo tappa al bar di fronte alle giostre.
Erano gli anni 80, un periodo di abbondanza lontano in cui la signora del bar, invece di rallegrarsi di aver venduto 26 gelati in un colpo solo, si mostrava infastidita perche' 26 bambini erano entrati nel suo locale.
Io ero tra i primi della fila ed ero rimasto ipnotizzato da un cono gigante da 5.000 lire (esattamente quanto mi avevano dato a casa per essere sicuri che i soldi mi bastassero per il pranzo e uno snack).
All'inizio degli anni 80 con 5.000 lire (2.5 Euro) bevevi al bar in 5 e ti avanzava ancora qualcosa, e nonostante sapessi che quel gelato costava 5 volte uno normale e che prendendolo non avrei piu' avuto soldi per il pranzo, per la prima volta avevo il potere dei soldi in mano, e me ne sentivo corrotto.
Erano gli anni 80, un periodo di abbondanza lontano in cui la signora del bar, invece di rallegrarsi di aver venduto 26 gelati in un colpo solo, si mostrava infastidita perche' 26 bambini erano entrati nel suo locale.
Io ero tra i primi della fila ed ero rimasto ipnotizzato da un cono gigante da 5.000 lire (esattamente quanto mi avevano dato a casa per essere sicuri che i soldi mi bastassero per il pranzo e uno snack).
All'inizio degli anni 80 con 5.000 lire (2.5 Euro) bevevi al bar in 5 e ti avanzava ancora qualcosa, e nonostante sapessi che quel gelato costava 5 volte uno normale e che prendendolo non avrei piu' avuto soldi per il pranzo, per la prima volta avevo il potere dei soldi in mano, e me ne sentivo corrotto.
La coda dei miei compagni si andava esaurendo, la barista, una signora
brutta e insofferente vestita come se fosse appena uscita dal bagno, si
rivolgeva a noi in un continuo rimprovero, come se la stessimo defraudando dei
suoi gelati da collezione preferiti e lei non potesse fare niente per
impedircelo.
Fino a quando rimanemmo io, Marco Costa (il mio compagno di mano, co Tartaruga Ninja e co Acchiappafantasmi) e la barista, che tra un gelato e l'altro si era accesa una di quelle sigarette sottili che una volta fumavano solo le donne, unico tratto che confermava inequivocabilmente la sua femminilita'.
Fino a quando rimanemmo io, Marco Costa (il mio compagno di mano, co Tartaruga Ninja e co Acchiappafantasmi) e la barista, che tra un gelato e l'altro si era accesa una di quelle sigarette sottili che una volta fumavano solo le donne, unico tratto che confermava inequivocabilmente la sua femminilita'.
- Allora? - mi fa lei sbuffando fumo - Vuoi qualcosa o te ne vai?
Da una parte il bambino giudizioso che ero mi avvisava che 5.000 lire
per un gelato erano troppe, dall'altra grondavo di libidine al pensiero di un
gelato grosso come il mio avambraccio.
Con la titubanza dei sensi di colpa le dissi:
Con la titubanza dei sensi di colpa le dissi:
- Q-quello.
- Cosa?!? - fece lei.
- Quello - le dissi piu' deciso, e in quel momento il suo atteggiamento
cambio' e divenne mellifluo, forse perche' in 6 mesi che ce l'aveva nel freezer
era la prima volta che qualcuno lo voleva davvero e non ci faceva solo le
battute.
La donna prese il gelato e lo appoggio' al contrario sul bancone:
"5.100 lire".
Io sgranai gli occhi, improvvisamente nel panico. Poi, sforzandomi con
tutto me stesso di resistere al mio imbarazzo di bambino, per di piu'
estremamente introverso, le dissi:
- Ma li' c'e' scritto 5.000...
- Quello e' il catalogo vecchio, adesso costa 5.100. Allora lo vuoi o
no?
- E' che io ho solo 5.000 lire...
- Ecco, sempre cosi' con i bambini! Venite solo a dare fastidio! Voi
qui non ci dovreste proprio entrare!!
Marco condivideva in silenzio parte del mio imbarazzo, facendomi segno
con gli occhi, come se non lo sapessi, che gli altri se ne stavano andando.
- ...Allora... Che posso fare?
- Eh, che puoi fare? - sbraito' lei prendendomi i soldi dalla mano -
Sparisci!
Cosi', con una vittoria mutilata dall'umiliazione e il senso di colpa,
uscimmo ognuno col suo gelato: Marco con quello che a confronto sembra un
gelatino, e io con uno grande come mia sorella appena nata, sentendo tutta
l'invidia del suo sguardo su di me.
Lo scartai quasi completamente, lasciando solo un poco di carta alla
base del cono, che all'istante si tronco' di netto per via del peso eccessivo,
e mi cade lasciandomi solo un moncherino tra le dita.
Il dolore mi mozzo' il fiato mentre sentivo solo le frastornanti risate
di Marco, scandite maleficamente:
- AH! AH! AH!
Come in un film mi scorrevano i pensieri davanti: che avevo sprecato
tutti i soldi come un incosciente, che a pranzo non avrei mangiato, il modo in
cui mi aveva umiliato la barista, come probabilmente la maestra mi avrebbe
sgridato perche' ero rimasto indietro, come non avrei potuto raccontarlo a
casa, e tra tutto questo, l'umiliazione di Marco che se la rideva.
Quando finalmente riuscii a prendere fiato, tutto quello che mi usci' per salvare l'orgoglio fu:
- Tanto non ne avevo voglia...
EPILOGO
Quel gelato e' stato un chiodo fisso della mia infanzia , almeno per un
certo periodo. Che gusto avra' avuto un gelato gigante?
Un giorno, alcuni anni dopo, mio nonno mi porto' ai giardini pubblici e
arrivati a quel bar mi chiese se volessi un gelato.
Entrammo.
La barista era sempre li', sempre vestita male, sempre fumando le sue sigarette sottili, ma questa volta mi trattava con gentilezza.
Entrammo.
La barista era sempre li', sempre vestita male, sempre fumando le sue sigarette sottili, ma questa volta mi trattava con gentilezza.
Anche il gelato gigante era sempre li', e continuava a costare 5.00
lire, e non 5.100.
Io indicai il gelato gigante e vidi la sorpresa negli occhi di mio
nonno:
- Sei sicuro di volere proprio quello?
Si'.
- Ma sei sicuro di mangiarlo tutto?
Si'.
- Non ne vuoi uno piu' piccolino?
No.
Mi sentivo in colpa (e' come se adesso un cono costasse 10 euro), ma la
curiosita' di sentire il gusto del gelato gigante, dopo tutto quello che mi
aveva fatto passare, era piu' forte.
Mio nonno rise, di quella risata di quando le cose stanno cosi' e tu
non ci puoi fare niente, e disse:
- E prendiamo questo gelato.
- 5.000 - disse la signora sorridendo come la cattiva dei cartoni
animati.
Presi il gelato e lo portai fuori. Feci attenzione a togliere appena la
carta sufficiente per scoprire la panna e pochi millimetri del cono. Ringraziai
ancora mio nonno, anche se non lo sapeva, per l'opportunita' che mi stava
dando, e addentai il gelato gigante.
Faceva schifo.
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Labels: bambino, elementari, gelato, gita, nonno, scuola, sfortuna
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