07 maggio 2009

CANNES AD PORTAS

Il Festival di Cannes si sta avvicinando, e io mi preparo.
Questa volta sono più preparato dell'anno scorso, ma forse proprio per questo sarà ancora più difficile.
Propongo un estratto del mio diario sul film che sto producendo, sull'esperienza dell'anno scorso iniziata in modo fallimentare (e poi conclusa con successo), perché mi piace ridere di quello che mi succede, di tanto in tanto.

PRIMO GIORNO A CANNES
Il viaggio è pesante, soprattutto perché arrivato a Nizza devo aspettare ore prima che arrivi il treno che mi porta a Theule.
Immagino che questa sia un’altra stazione di Cannes, come Cannes La Bocca. Invece, quando finalmente arrivo, non c’è niente.
Non c’è una biglietteria a cui chiedere informazioni, non c’è neanche un bar. L’unica cosa è un cartello con il numero di cellulare di alcuni tassisti, e decido di chiamarne uno. Il mio francese è troppo arruginito per tentare ogni comunicazione, quindi parlo in inglese.
L’uomo non capisce, e dopo qualche tentativo di spiegargli anche col poco francese che ricordo dove mi trovo (Gare de Theule) mi riattacca il telefono in faccia.
Sono distrutto. Il viaggio, e adesso questo, stroncano ogni voglia che avevo di cominciare quest’avventura, e vorrei essere a casa.

Provo con un’altra tassista, e con tante difficoltà alla fine mi dice che verrà e mi troverà. Brava: sono l’unico essere vivente a perdita d’occhio, davanti a una stazione che è più un binario, con le valige e in mezzo alla strada, vediamo se ci riesci.

Il taxi arriva e partiamo. Chiedo dov’è Cannes, e si mette a ridere, e mi dice che è a 18 Km, a una fermata di treno. Mi viene freddo, perché io avevo prenotato un albergo a Cannes, in modo da non avere problemi di orario, tornare per una doccia e uscire di nuovo, cercare di fare vita sociale, che è la cosa importante. Invece l’albergo è in provincia di Cannes, e questo ci vincolerà moltissimo.
Un errore che non dipende da me, ma dal sito in cui ho prenotato (Expedia), e ormai è tardi. Ho prenotato mesi fa per essere sicuro di trovare posto, ora non ci sarà più niente.
Il posto non è così vicino, e penso che un altro problema sarà arrivare dall’albergo alla stazione. Non tanto per me, perché sono un buon camminatore, ma per Sophie.
Il paese sembra molto piccolo, ma il taxi non si ferma e inizia a salire. Sento gelarmi il sangue sempre di più. Il costo della corsa continua a salire

Arrivati in cima alla montagna troviamo l’albergo. Vado alla reception e dico chi sono.
È stata dura finora, ma troverò una soluzione a tutto, e mi impongo di essere di buon umore, perché questo è un grande investimento per me, e non solo in denaro. Devo essere con la mente limpida e pronto a fare business.
Mentre la ragazza controlla i registri le chiedo come si arriva in paese, e lei, tranquillamente, risponde Macchina. Va bene, dico sorridendo, ma se non ho la macchina?

È solo quando lei parla di nuovo che forse per la prima volta nella vita capisco cosa vuol dire l’espressione Mi è mancata la terra sotto i piedi, e dice
“Taxi”.
“Ho appena pagato 30 euro di taxi dalla stazione a qui, e mi vuole dire che non c’è altro modo di arrivare?!?”.
Se fosse davvero così dovrei spendere almeno 100 euro in più al giorno, tra me e Sophie, solo per andare e tornare a Cannes, ed essere comunque vincolati agli orari dei treni. Avrei speso di meno a prenotare un albergo a 4 stelle sulla via principale di Cannes.

Tranquilla, la ragazza mi dice di no (non c’è altro modo di arrivare all’albergo), e poi che non c’è nessuna prenotazione a mio nome.
Attonito, tiro fuori la mia prenotazione, la legge e mi dice che io ho prenotato il residence Ocean, mentre qui è l’albergo Ocean.
Quindi il taxi mi ha portato nel posto sbagliato? Lo chiedo quasi con speranza, perchè questo mi darebbe ancora la possibilità di sperare che il mio albergo non è così fuori dal mondo.
Mi dice che il posto è lo stesso, solo che da una parte fanno albergo, e dall’altra residence.
Ho capito: è cretina. Peccato, perché è una bella ragazza.

Le chiedo allora di aprire il registro del residence e di darmi la chiave: la mia partner dovrebbe essere arrivata di mattina.
Mi dice che non può, perché sono 2 aziende diverse, con 2 persone diverse alla reception.
“E dov’è la reception del residence?”
“Qui”.
Tanto bella, e con l’intelligenza di un bruco: mi fa così pena.
“Allora posso parlare con la receptionist del residence?”
Le batoste finora si sono moltiplicate, e sembra che continueranno così. È come se un velo di apatia si fosse posato sulla mia mente, e ora mi sento solo come trascinato dalla corrente di un fiume, senza opporre resistenza.
Mi dice di no. La conversazione è surreale, e quando le chiedo perché mi risponde che la reception è chiusa.

Provo a chiamare Sophie, ma ha il cellulare spento, quindi chiedo come posso fare per accedere alla stanza. Mi dice che c’è un numero da fare per chiedere la combinazione della cassetta di sicurezza in cui sono contenute le chiavi. Il numero ha un costo paragonabile a un telefono erotico.

Chiamo, e dopo messaggi preregistrati di pubblicità, che azzerano velocemente il credito telefonico, parlo con un’operatrice che non sa l’inglese e neanche l’italiano. Il che è comprensibile, per chi lavora nel settore alberghiero, e non ho motivo di aver voglia di prendere a calci il bancone.

La ragazza mi dice che non risulta una mia prenotazione, e io ho un déja vu. Le dico che sono nel residence, e non nell’albergo. Lei passa qualche altro minuto a cercare e poi mi dice che non c’è niente, e si prepara a chiudere la comunicazione. Insisto, e allora mi dice Ah, ma è a Theule?
“E DOVE...? Sì sono a Theule”.
Quindi controlla e mi conferma la mia prenotazione. Bene: oggi non dormirò sotto i ponti.
Mi dice che ora mi darà il numero segreto con cui accedere alla cassetta e prendere la chiave, di prendere carta e penna e scrivere...
Cade la linea. Tutti i soldi che ho messo nel telefonino in previsione del Festival di Cannes, sapendo che avrei dovuto fare molte chiamate, se ne sono andati in meno di un’ora.

E ora non posso neanche comunicare con Sophie.
Odio la Francia, odio i francesi, odio questo albergo e in linea di principio ho anche una certa antipatia verso il Festival di Cannes.
Chiedo alla receptionist di usare il loro telefono, e lei, riluttante, me lo porge e va da un’altra parte.
Ma il telefono non funziona. Provo a mettere prima uno 0, poi a mettere prima un 9, ma niente. Torno da lei a dirle il mio problema. Lei arriva, infastidita, e mi sblocca il telefono con un codice di 4 cifre.
Le chiedo scusa: stupido io a non pensarci.

Rifaccio tutta la telefonata. L’operatrice è diversa, ma per fortuna neanche lei sa altre lingue al di fuori del francese. Per la terza volta mi dicono che non c’è la mia prenotazione e poi la trova.
Mi dice di prepararmi carta e penna per darmi il codice segreto, e quando sono pronto lei abbassa la voce, probabilmente per non farsi sentire dalle colleghe, e mi sussurra:
“1... 2...”
Dopo che dice 3 smetto di scrivere, e a 4 mi cade la biro sul bancone.
Il segretissimo codice che mi è costato almeno 100 euro di credito telefonico è 1 2 3 4.

(continua)

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