20 maggio 2009

UN'INASPETTATA AVVENTURA

Questa sera sarei dovuto andare alla proiezione di un film a cui mi aveva invitato la regista, ma ho finito tardi e tra cambiarmi e mettermi a posto sono arrivato a proiezione già finita da un pezzo.


Quindi mi faccio una passeggiata: torno in appartamento a piedi, come faccio sempre, perché mi rilassa dopo la tensione di una giornata, anche se è a più di un'ora di strada.

Così sono triste per aver detto alla ragazza che sarei venuto a vedere il suo film e non l'ho fatto, stanco per essere stato tutto il giorno in piedi, con le spalle cadenti per aver scarrozzato una borsa pesante e con i piedi che fanno male perché mi sono messo in tiro e indosso per la prima volta un paio di scarpe nuove.
Tutto questo mi conferisce un'andatura lenta e ciondolante, a giudicare dalla mia ombra piuttosto sexy.
Arrotolo l'invito alla proiezione come una sigaretta e me lo passo tra le dita pensando agli affari miei, e in particolare che ho parlato tutto il giorno, ma non ho nulla da raccontare sul mio blog.

Sono su una lunga super strada che da una parte ha il traffico e dall'altra la ferrovia, seguita da una linea di alberi che copre la spiaggia e poi il mare.
Il posto potrebbe sembrare a prima vista malfamato, ma non ci sono spazi in cui fermarsi, quindi in realtà non c'è mai nessuno (comunque siamo a 1 km da uno dei posti più significativi al mondo per il cinema).

Una cosa mi ha colpito di questo posto: andando giù con lo sguardo spesso ho visto tra gli alberi una piattaforma a cielo aperto con luci psichedeliche e poche persone che ballavano o erano sui divanetti, ma non riuscivo a capire come potessero arrivarci, perché da una parte c'è il mare, dall'altra la ferrovia, ed è troppo lontano dalla città per andarci a piedi.
L'unica via è un ponte stretto che passa sopra la ferrovia: inizia dalla strada e poi scende in una scala a perdita d'occhio, ma ha l'aria di essere abbandonato e l'entrata è sempre stata chiusa da un lucchetto. Fino a stasera.

Da lontano vedo che il piccolo spazio tra il cancello e le scale è pieno, con 3 ragazzi che sembrano dei security che aspettano, illuminati solo da una flebile luce verde che io vedo perché sono a piedi, ma invisibile alle macchine che passano veloci, a meno che uno sappia dove guardare.
Continuo a camminare senza variare il passo, e improvvisamente 2 macchinoni mi passano vicino veloce e parcheggiano sul marciapiede.
Gli autisti scendono e aprono la portiera: dalla prima macchina escono delle ragazze geneticamente modificate per farti cadere la mascella, dalla seconda una ragazza accompagnata, con tanti gioielli che servono gli occhiali da sole.

Appena sono tutti scesi le macchine sgommano via.

Le ragazze della prima macchina mi si piazzano davanti, sul marciapiede stretto, davanti al cancello. Quelli della seconda macchina sono proprio dietro di me.

Metto il foglietto arrotolato in bocca come un sigaro, tenendolo solo coi denti, e aspetto il mio turno per passare, perché è troppo stretto.
Le prime ragazze mostrano l'invito, e poi corrono su per le scale, e arrivate al ponte si girano verso le amiche ancora in fila, forse per fare loro invidia.
Arriva il mio turno e il security mi chiede l'invito. Lo guardo negli occhi, come se avessi mezzo chilo di droga nel sangue e 10 milioni di euro in banca: mi tolgo dalla bocca il rotolino, gli faccio un cenno e glielo lancio in mano, e passo prima che decida se aprirlo e controllarlo o mandarmi solo affan****.

Il festino non è molto diverso da altri che ho visto a Cannes, se non per la segretezza e inaccessibilità del posto. E' appena cominciato, e vedo già diverse ragazze pronte a farsi scannare da qualche attore o chiunque dica di lavorare nel cinema (e io ho il badge da professionista, uaz! uaz!).

E' un po' come essere nel film Eyes Wide Shot.

Comunque 13 minuti dopo lascio la musica e sono di nuovo sulla via di casa, perché ora ho una storia da raccontare, e perché non ho capito niente della vita.

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