Qualche giorno fa ho parlato con un regista inglese di documentari. Mi ha spiegato che è un genere che alle giuste condizioni è un affare sicuro, ed è per questo che attrae un grande numero di film makers.
Così oggi ne parlo con una regista italiana, ma quando le dico che è considerato un affare sicuro sgrana gli occhi e mi dice:
"Eh, ma se le istituzioni non si muovono...!"
La cosa mi lascia perplesso: che c'entrano le istituzioni? Mi dice che in Italia a meno che lavori su commissione di qualche istituzione sei destinato a finire in perdita, quindi nessuno si muove. Perciò lei e la sua società cercano sempre soldi che non devono restituire, e non fondi da usare come investimento in un'ottica imprenditoriale.
Mancano le istituzioni, mancano i documentari.
Ma il problema sono davvero le istituzioni o i film makers?
Perché in fondo quello che importa a me come film maker non è trovare i soldi, ma realizzare i miei progetti, e i soldi sono soltanto un mezzo per raggiungere i miei scopi.
Se voglio realizzare un progetto e un'istituzione non me lo finanzia non penso di lasciar perdere, ma a come trovare un altro modo per realizzarlo.
Per il mio film, per esempio, ho contattato le istituzioni, poi grandi possibili investitori, poi dei piccoli, poi aziende che potessero fare pubblicità nel film, banche che potessero sponsorizzarne una parte o farmi un prestito, aziende che investono in progetti grandissimi come centri commerciali, produttori stranieri, business angels italiani, commercialisti che applicassero a fondi europei, poi un amico di Buffon, Baggio, il procuratore di Gattuso, Maria De Filippi, Luca Barbareschi, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi e un altro po' di canali che adesso non mi vengono in mente, e quando dopo 7 mesi qualche giorno fa ho incontrato il mio amico Gabriel, che farà le musiche per il mio progetto, mi ha detto "Ancora a questo punto? Ma che hai fatto finora?".
Noi film makers vogliamo raccontare storie di passione, di grandi lotte, frustrazione e trionfi, ma per quanto riguarda gli italiani la realtà è che siamo in linea di massima pigri, e forse non abbiamo mai lasciato le corti rinascimentali in cui gli attori si esibivano davanti ai nobili che pagavano loro lo spettacolo, per cui avevano il guadagno assicurato e non dovevano preoccuparsi troppo che lo spettacolo fosse bello.
Ecco una bella storia che dovrebbe far riflettere tutti noi italiani: riguarda un mio amico che ho conosciuto un anno fa a Cannes e ho incontrato oggi per caso:
Geoff Talbot ha scritto una sceneggiatura per un film con un cane a 3 zampe, e ha messo sul suo sito una pagina dedicata ai cani senza famiglia. Nella home page e in alcuni siti di social networking ha scritto che sta cercando un cane con 3 zampe per il suo film, e improvvisamente il suo sito, da 100 viewers al giorno è passato ad averne 2.800, così ha fatto un accordo pubblicitario con una società che produce cibo per cani, per un importo di 250 mila dolllari, che userà per finanziarsi il film.
Va bene, non è entusiasmante come andare a chiedere i soldi alle istituzioni, ma anche questa è un'idea, diamogliene atto.
Così oggi ne parlo con una regista italiana, ma quando le dico che è considerato un affare sicuro sgrana gli occhi e mi dice:
"Eh, ma se le istituzioni non si muovono...!"
La cosa mi lascia perplesso: che c'entrano le istituzioni? Mi dice che in Italia a meno che lavori su commissione di qualche istituzione sei destinato a finire in perdita, quindi nessuno si muove. Perciò lei e la sua società cercano sempre soldi che non devono restituire, e non fondi da usare come investimento in un'ottica imprenditoriale.
Mancano le istituzioni, mancano i documentari.
Ma il problema sono davvero le istituzioni o i film makers?
Perché in fondo quello che importa a me come film maker non è trovare i soldi, ma realizzare i miei progetti, e i soldi sono soltanto un mezzo per raggiungere i miei scopi.
Se voglio realizzare un progetto e un'istituzione non me lo finanzia non penso di lasciar perdere, ma a come trovare un altro modo per realizzarlo.
Per il mio film, per esempio, ho contattato le istituzioni, poi grandi possibili investitori, poi dei piccoli, poi aziende che potessero fare pubblicità nel film, banche che potessero sponsorizzarne una parte o farmi un prestito, aziende che investono in progetti grandissimi come centri commerciali, produttori stranieri, business angels italiani, commercialisti che applicassero a fondi europei, poi un amico di Buffon, Baggio, il procuratore di Gattuso, Maria De Filippi, Luca Barbareschi, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi e un altro po' di canali che adesso non mi vengono in mente, e quando dopo 7 mesi qualche giorno fa ho incontrato il mio amico Gabriel, che farà le musiche per il mio progetto, mi ha detto "Ancora a questo punto? Ma che hai fatto finora?".
Noi film makers vogliamo raccontare storie di passione, di grandi lotte, frustrazione e trionfi, ma per quanto riguarda gli italiani la realtà è che siamo in linea di massima pigri, e forse non abbiamo mai lasciato le corti rinascimentali in cui gli attori si esibivano davanti ai nobili che pagavano loro lo spettacolo, per cui avevano il guadagno assicurato e non dovevano preoccuparsi troppo che lo spettacolo fosse bello.
Ecco una bella storia che dovrebbe far riflettere tutti noi italiani: riguarda un mio amico che ho conosciuto un anno fa a Cannes e ho incontrato oggi per caso:
Geoff Talbot ha scritto una sceneggiatura per un film con un cane a 3 zampe, e ha messo sul suo sito una pagina dedicata ai cani senza famiglia. Nella home page e in alcuni siti di social networking ha scritto che sta cercando un cane con 3 zampe per il suo film, e improvvisamente il suo sito, da 100 viewers al giorno è passato ad averne 2.800, così ha fatto un accordo pubblicitario con una società che produce cibo per cani, per un importo di 250 mila dolllari, che userà per finanziarsi il film.
Va bene, non è entusiasmante come andare a chiedere i soldi alle istituzioni, ma anche questa è un'idea, diamogliene atto.
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